Mi licenzio. E poi?

È successo anche a me quello che sta succedendo a tante persone in Italia e all'estero.

Una delle società con cui collaboro ha deciso un taglio alle spese, e tra questi tagli, c’era una parte considerevole del mio compenso.

A questo punto, ho preferito andarmene.

 

Ho potuto fare questo tipo di scelta, perché alcuni anni fa ho capito che siamo in un periodo in cui è fondamentale avere diverse entrate.

Se hai diverse opzioni, hai possibilità di scegliere di non lavorare dove ti sotto pagano.

 

La Società attuale non è più quella degli anni del boom economico, dove avevi un unico impiego che iniziava con l'uscita dalla scuola, fino al pensionamento.

Ora è il momento di essere versatili e flessibili.

Non c'è più la sicurezza di un lavoro.

 

Quindi non ci si può permettere di adagiarsi in false sicurezze, ma continuare a fare corsi di aggiornamento e, soprattutto, continuare a mettersi in discussione, avendo in mente ben chiaro i propri obbiettivi.

 

Purtroppo sono poche le società che hanno compreso che se i propri collaboratori sono soddisfatti del proprio compenso, anche con bonus di produzione, questi sono incentivati a lavorare meglio e non pensano ad andarsene.

In questo modo ci si guadagna tutti.

A proposito, non è una leggenda metropolitana.

Ho lavorato anni fa per una società con questa filosofia di lavoro.

Perché me ne sono andata?

Sono una testa matta, non amo il posto fisso!

 

Ma ora ritorniamo ad oggi.

Litri di Rescue Remedy per superare la notizia.

E poi basta piangersi addosso!

È ora di rimboccarsi le maniche, aggiornare il Curriculum, e rimettersi in pista.

 

 

Camilla

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