La sindrome di Sisifo
Wild Rose può dare una mano?
Quasi per caso sono incappata nella sindrome di Sisifo, un vero e proprio cortocircuito psicofisico, sempre più presente nel nostro secolo. Si tratta di un disturbo della salute che deriva dall'esaurimento fisico e mentale dovuto a quando si cerca di produrre un carico di lavoro eccessivo da portare a termine.
Questa sindrome prende il nome da Sisifo, il re di Efira, famoso nella mitologia greca per la sua ingegnosità.
Questi era infatti così intelligente che ingannò la morte per ben due volte, facendo arrabbiare gli Dèi, che si vendicarono condannandolo a un tormento eterno negli inferi: doveva far rotolare un enorme masso fino alla cima di una collina. Quando arrivava in cima, il masso rotolava di nuovo verso il basso e lui doveva ricominciare tutto da capo, all’infinito.
Oggi l'espressione “fatica di Sisifo” è usata per indicare un lavoro inutile che, per l'appunto, richiede grande fatica senza raggiungere risultati. Un esempio di questo tipo di lavoro, potrebbe essere quello in un call center (scrivo per esperienza diretta, per un periodo ci ho lavorato anch’io), dove degli operatori hanno il compito di trattare con persone arrabbiate tutto il giorno, mentre intanto le condizioni che creano questa aggressività dei clienti non cambiano mai.
Si potrebbe anche affermare che tutta la vita è un supplizio di Sisifo: mangiamo per avere di nuovo fame e facciamo la doccia per sporcarci di nuovo, giorno dopo giorno, fino alla fine.
Del mito di Sisifo ne parla Albert Camus nel suo saggio, dove afferma che invece di provare disperazione per la futilità della vita, è meglio accettarne la sua dimensione ridicola. È l’unico modo per arrivare alla felicità, l’emozione più assurda di tutte, date le circostanze in cui viviamo.
Dovremmo invece ridere di gusto del fatto che non c’è alcun significato, ed essere comunque felici. La felicità, per Camus, è una dichiarazione d’indipendenza esistenziale. Invece di consigliare “non preoccuparti, sii felice”, offre un ribelle “dì all’universo di girare altrove, sii felice”.
Wild Rose
Pensando a questa sindrome, balza subito alla mente il fiore del dr. Bach, Wild Rose (Rosa selvatica - Rosa canina), che fa parte del gruppo della mancanza d’interesse verso il presente.
Questo stato arriva a volte in un momento in cui il peso della vita ci incurva, e si entra in uno stato di apatia. L’esistenza è come un televisore in bianco nero, da dove il colore è stato del tutto prosciugato.
Il fiore della rosa selvatica è formato da cinque petali rosa, che formano un pentagono, simbolo di protezione per il cuore dalle aggressioni energetiche. Il rimedio ci permette così di mobilitare l'energia interiore e spezzare l'inerzia e la passività che ci incatena, per infonderci entusiasmo e vitalità.