Confieso que he vivido, Pablo Neruda

Su una locandina che mi è arrivata via email, ho letto questo scritto di Pablo Neruda.

 

Mi ha colpito in modo particolare, forse perché amo il suono delle parole, come si arrotolano sulla lingua, come a volte pizzicano la fantasia e suonano una melodia nella testa.

 

Le ho trascritte, perché volevo condividerle con voi, e non dimenticarle su una pagina virtuale che non ha consistenza e che, spesso, si legge frettolosamente.

 

Ma lascio la parola al Poeta...

 

"Inseguo alcune parole... Sono tanto belle che le voglio mettere nella mia poesia...

 

Le afferro al volo, quando se ne vanno ronzando, le catturo, le pulisco, le sguscio, mi preparo davanti il piatto, le sento cristalline, vibranti, eburnee, vegetali, oleose, come frutti, come alghe, come agate, come olive...

 

E allora le rivolto, le agito, me le bevo, me le divoro, le mastico, le vesto a festa, le libero...

Le lascio come stalattiti nella mia poesia, come pezzetti di legno brunito, come carbone, come relitti di naufragio, regali dell'onda...

Tutto sta nella parola"